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Into the Wild ha sconvolto tutti al Cinema sotto le stelle di Art Factory lo scorso mercoledì. Ultimamente sono un po' emotivo; ha fatto piangere anche me.
Probabilmente non per gli stessi motivi che hanno spinto tutti gli altri: la morte sorridente e con gli occhi vitrei alla fine del film.
No, ho pianto perché Chris aveva per lo più ragione. Sulla vita moderna, su ciò che significa essere liberi. Se non avesse avuto ragione, non avrebbe ispirato le persone che ha incontrato, non sarebbe stato amato. Non sarebbe stato invidiato. Ma lo era. E conosco la sensazione. Più di un lettore del blog mi ha confessato di aver fantasticato di essere un senzatetto come me.
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Wow, che immaginazione, eh?
Anche Chris si sbagliava, credo. Il disimpegno permanente non è una risposta definitiva, anche se potrebbe alleviare un po' di dolore, il dolore molto reale di un nuovo impegno con mattoni e malta, dogmi e mammona. Ogni tanto, comunque. Per me è stata una sorta di sollievo.
Ma la parte più dolorosa di questo film è l'essere costretti ad ammettere la comune brutalità dell'essere umano. [La scena in cui Chris vaga per Los Angeles, cerca di stare in un rifugio per senzatetto e viene preso a calci da un poliziotto della ferrovia. In quei momenti credi che sia tutta la verità che si può trovare in una città come quella"]. Ci sono altre specie che permettono ai loro membri di essere senzatetto, indigenti, abbandonati e così violati? Nemmeno i lupi solitari se la passano così male.
Un tema ricorrente nella mia testa questo mese. Cosa c'è di tanto speciale nell'umanità? Il prezzo pagato per Dahlgren; La trilogia di Marte; Le ruote di un'auto su una strada sterrata; Voci lontane, ancora vive; Hairspray; Nostra Signora dei Fiori; Intrattenimento! Alfred Kinsey; Hazel Dickens; New York City; Praga; Internet; et al. è Darfour, Tibet, Tuskegee, Aushwitz, Gaza?
C'è un equilibrio in tutto questo? È una domanda che mi pongo continuamente. Ci sono dentro fino al collo.
